Page 8 - Il puls
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Il pulsante (non una metafora) 8
pertanto, paradossalmente, sono costretto a favorire. Che assurdo
circolo vizioso.
Altro pensiero ricorrente, mentre attraverso la strada di fronte alla
fermata: perché pullman così mastodontici sempre vuoti? Mettete
veicoli più piccoli, almeno fuori dalle ore di punta, anche senza
aumentarne la frequenza: flessibilizzate! Ma se, oramai, stupidamente,
avete acquistato solo veicoli enormi (avendo pensato, come al solito,
al profitto e non alla salute della gente, cioè al costo del personale
piuttosto che all’ambiente) diradateli ulteriormente (io, per il bene
della comunità, sono disposto ad aspettare alla fermata ancora qualche
minuto in più!).
Circumnavigo l’aiuola che occupa la curva sulla mia sinistra,
percorrendo per intero quel lungo-breve tratto di marciapiede a gomito
che la contorna (sono uno dei pochi a farlo, visti i sabbiosi solchi
testimoni delle scorciatoie, tracce, più che della fretta,
dell’indifferenza verso la natura).
Arrivo alla statale. Cento metri più in là, sul lato opposto, c’è la
ditta in cui lavoro.
Asfalto, auto, asfalto, ancora auto: non sembra vero che abbiamo
fatto tutto questo, e ci siamo assuefatti alla sua esistenza, a viverci
dentro. Dalle ovattate finestre, all’interno delle nostre case, quel
brulicare di auto, quel continuo via-vai, seppure nella sua monotonia,
assomiglia ad un formicaio, ricorda l’instancabile laboriosità delle
formiche e ci rammenta come la vita, nel suo perpetuarsi, sia un flusso
di energia informe, privo di identità individuale, impassibile di fronte
al nostro personale destino; rappresenta lo spirito ed il motore di una
società umana in perenne attività che, nel suo complesso, non si
arresterà mai, indifferente di passare sopra ai piccoli cadaveri neri che