Page 7 - Il puls
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Ancora qualche riga del mio libro prima di scendere. Ma senza
               ansia, tanto ogni mattina prendo il pullman ed ho quindi tutto il tempo
               per leggermi interi libri che altrimenti non avrei mai toccato. Ecco le

               due ultime curve ad S durante le quali ne approfitto per lavorare di
               bicipiti (mi afferro a tenaglia alle sbarre e mi metto a bandiera) – ma
               sti conducenti guidano come se non ci fossero le persone in piedi, non

               hanno rispetto per per nessuno, anziani in primis: li farei fuori tutti. Mi
               preparo di fronte all’ultima porta, quella più indietro, per guadagnare
               in anticipo un paio di metri rispetto alla mia destinazione che si trova

               verso la coda dell’autobus. Per mettere alla prova i miei riflessi, mi
               diverto a scagliarmi fuori mentre sta ancora aprendosi, insinuandomi
               tra le due ante non ancora completamente aperte. Poi parto subito a

               grandi falcate per allenare i glutei, pensando al pattinaggio. La coda
               dell’occhio va alla zaffata di fumo nero che è vomitato dalla marmitta
               verticale   del   pullman   quando   accelera   per   ripartire:   imprecazione
               silenziosa contro il servizio pubblico che non controlla le emissioni

               (ma guai a rottamare i pullman, inquinando falde e terreno in modo
               ancora più devastante. Però, controllatelo!). Scatta immediatamente
               dentro di me, in modo automatico, l’irrisolto dilemma: sarebbe stato

               meglio venire in macchina oppure il mio peso, sommato al peso lordo
               del pullman, ha contribuito in minor misura all’inquinamento? Nel
               mio tentativo di abbozzare un bilancio ecologico mi conforta pensare
               che, se non altro, il mezzo pubblico diminuisce gli ingorghi e quindi

               contribuisce ad abbassare l’inquinamento provocato dagli altri, da quei
               maledetti automobilisti che vogliono arrivare sempre alla stessa ora,
               nonostante tutto (accelererebbero infatti dopo l’ingorgo) e che
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