Page 9 - Miscellanea
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                   Tra le mille considerazioni che si incalzavano senza tregua dentro

               di me in quei giorni di angoscia, ce n’era una, in particolare, su cui ri-
               torno spesso e che, non so perché, sento in qualche modo legata alla

               costruzione teorica a cui sto cercando di aggrapparmi per sperare di
               trovare sollievo, o solo per interrompere l’oppressione che mi schiac-
               cia, nell’attesa di qualche ulteriore miracolo.
                   Ripenso, con compiaciuta sorpresa, al mutare del mio giudizio, con

               il passare del tempo, ogniqualvolta, con cadenza annuale, riascolto la
               parabola del figliol prodigo. Anche qui non so identificare quando, nel
               tempo, sia avvenuta in me la svolta: una volta davo ragione al figlio

               fedele e ubbidiente, in cui mi identificavo, che credevo fosse giusta-
               mente premiato per il suo senso di sacrificio, per la sua discrezione, il
               quale incarnava il mio modello di giustizia ed equità. Ultimamente, in-
               vece, trovo bellissimo il moto di affetto del padre, la sua reazione non

               razionale, ma di cuore, che non ha memoria, che è un moto spontaneo,
               molto ingiusto ad una disamina razionale. Ma inevitabile, irrefrenabile
               per chi ama.












                   Sono oppresso da un peso enorme, mi trovo in uno stato di dispera-

               zione, svuotato e senza più la forza di reagire, per quanti sforzi io fac-
               cia per liberarmene.
                   C’era intorno a me mia madre, che non poteva non accorgersi del
               mio   penoso   stato:   aveva   immediatamente   notato   la   mia   tristezza,

               quantunque cercassi con indolenza di nascondergliela, abbozzando un
               faticoso sorriso, che doveva apparire palesemente falso. Mi dispiaceva
               preoccuparla, ma soprattutto contagiarla con il mio stato d’animo, la

               mia cupezza (era il tempo in cui mi ero già ripromesso che il portare
               l’allegria, il sorriso, sarebbe stata la missione della mia vita). Lei, con
               il suo impotente desiderio di consolarmi, il suo senso di compassione
               verso la mia sofferenza, credeva in un problema causato da una forza
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