Page 10 - Miscellanea
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Una scoperta (racconto triste)                                                                    10



                   maggiore, che stessi male di salute, che mi tormentasse una qual-
               che preoccupazione per le persone care che stavano male (loro sì cer-

               tamente per causa di forza maggiore). Io mi sentivo in colpa, e na-
               scondevo così il motivo della mia sofferenza, per pudore, ma anche

               perché mi rendevo conto che ne ero io stesso la causa, che si trattava
               in fondo di un ‘‘capriccio’’ (provocato da una forza che mi veniva dal
               di dentro, non controllabile, ma in quel momento non me ne rendevo
               conto, e imputavo tutta la colpa a me stesso, alla mia volontà coscien-

               te); ad ogni modo mia madre, ne sono sicuro, se glielo avessi rivelato,
               non l’avrebbe considerato tale, voleva solo che soddisfacessi i miei
               desideri, perché desiderava esclusivamente la mia felicità, indipenden-

               temente dalla natura delle mie pretese. Un ulteriore senso di vergogna
               e di riprovazione verso me stesso era “latente” dentro di me, perché
               percepivo che il mio desiderio annullava gli altri, ingigantiva una pul-
               sione egoistica: c’era solo lei, quella donna per cui avevo perso la te-

               sta; qualunque ipotesi, speranza, immaginazione, meraviglioso o cata-
               strofico vagheggiamento era intorno a lei, qualunque altra preoccupa-
               zione o persona scompariva perché non trovava spazio, si annullava ri-

               spetto a quella ossessione. Questo nonostante mille altre persone gra-
               vitassero intorno a me, mi amassero, come, o forse, più di prima.
               L’unico desiderio era che anche lei vivesse quello che stavo vivendo
               io (che piacere soltanto il cullarmi nell’idea di quella prospettiva: era

               un’ipotesi che sembrava folle per la sua bellezza e la sua improbabili-
               tà). Questo tumulto mi toglieva il fiato, mi attanagliava con uno stato

               di agitazione che mi sospendeva dallo scorrere della vita e del tempo.
               Era un forsennato alternarsi di “visioni” opposte: la fantasia stupenda
               che lei corrispondesse al mio desiderio (vagheggiavo, trasognante, se-
               rate indimenticabili tra sorrisi e sguardi innamorati), era un pensiero

               talmente intenso e assurdo che riuscivo a sostenerlo per poco tempo,
               non sopportando di illudere me stesso troppo a lungo, e così lasciava
               improvvisamente spazio alla depressione più cupa e profonda che ac-

               compagnava il mio brusco ritorno alla realtà. Era una battaglia sfibran-
               te che con penosa fatica trascinavo fino a sera, cercando spesso, anche
               se con vani risultati, di sfuggirla cercando nelle attività della giornata
               occasioni di distrazione, facendo appello alla mia granitica forza di

               volontà, che però ora si dimostrava inaspettatamente debole. Spesso
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