Page 6 - Incidente stradale
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6 L’incidente stradale
- « Enrico, ciao, abbastanza, dimmi... »
- « Vorrei parlarti, ho bisogno del tuo aiuto »
- « OK, vediamoci, mi spiegherai tutto e poi vedrò se potrò darti
una mano »
C’era, da sempre, un patto tra me ed Enrico: lui mi chiamava e mi
esponeva la faccenda, io potevo interrogarlo e chiedergli tutti i parti-
colari che volevo; alla fine ero libero di dirgli se la cosa poteva “vale-
re” il mio coinvolgimento. Sì, perché scevro delle pressioni del dana-
ro, ero libero di decidere se accettare o meno l’incarico, avendo come
punto fermo i miei principii etici (tutto questo qualora non fossi già
impegnato in consulenze in campo bioigegneristico, che avevano la
precedenza). Enrico rispettava la mia severa selezione, senza fare
commenti.
Avevo conosciuto Enrico qualche anno prima, quando per caso ri-
capitai al Politecnico per cercare un consulente per l’azienda in cui la-
voravo. Mi aveva colpito di lui la sua capacità di spaziare con grande
agilità mentale in campi molto diversi, trasferendo approcci e metodo-
logie da un campo all’altro, con esiti spesso inaspettati e fertili. Si fa-
ceva pagare molto, e la cosa, stranamente, non mi disturbava più di
tanto, perché la brillantezza intellettuale e la cultura sono oggi forse le
cose meno valutate e, di conseguenza, remunerate. Anche lui era rima-
sto colpito da me, aveva visto che lo seguivo nelle sue acrobazie intel-
lettuali e che ero pronto a cogliere al volo gli spunti che mi lanciava,
per poi svilupparli in profondità. Riconosceva la mia capacità di ripen-
sare “in grande” quei problemi, sapendo della mia propensione a de-
viare verso la filosofia, avendo io letto più di storia della scienza che
di metodi di risoluzione delle equazioni.
Avevamo stretto una forte intesa, molto intima non tanto sul piano
personale, quanto su quello intellettuale (ma con inevitabile coinvolgi-
mento affettivo). Una sintonia quasi perfetta.